9 Corto: la sfida di ogni ricaricatore

Home » 9 Corto: la sfida di ogni ricaricatore
in: Ricarica

Semplicemente Ricarica – Parte Quinta

Articolo tratto dalla rubrica Semplicemente Ricarica, pubblicato nel maggio 2011 sulla rivista Action Arms del Grande Paolo Tagini.
N.B. Nell’articolo sono presenti alcuni prezzi al pubblico e riferimenti normativi che, ovviamente, si riferiscono al periodo di pubblicazione.

Un po’ di storia

380 Auto, 9 Corto, 9 Kurz, 380 ACP: sono soltanto alcuni dei nomi che identificano una delle munizioni più controverse, almeno nel panorama italiano.
Riallacciandosi al filone logico/storiografico già inaugurato nello scorso appuntamento, ricordiamo che la nascita del 9 Corto è il frutto di un altro degli studi condotti da John Moses Browning che, insieme al 6,35 (25 ACP) ed al 7,65 (32 ACP) antesignani per eccellenza, dominò il mercato dell’arma “low cost” dei primi del ‘900.
Com’è ormai consuetudine quando si parla di Browning, stabilire una corretta collocazione geografica delle sue creazioni risulta un’impresa alquanto difficoltosa; le fonti più accreditate identificano nel 1908 il primo anno di produzione della cartuccia 9×17 mm, presso lo stabilimento di Herstal della Fabrique Nationale belga (FN Herstal).
Il successo della munizione non era dato da eccellenti peculiarità balistiche (ancorché terminali!); semplicemente, la realizzazione di armi camerate in 9 Corto non richiedevano investimenti troppo onerosi, permettendo così di introdurre sul mercato prodotti a basso costo e dal funzionamento estremamente semplice, binomio da sempre apprezzato dal pubblico.
Il successo del progetto fu talmente elevato che la statunitense Colt ne acquistò il brevetto nel 1910, variandone la denominazione in 380 ACP (Automatic Colt Pistol); rilevante anche l’impiego del calibro su piccole armi automatiche, come l’americana Ingram MAC-11 o la ceca Vz 61 Skorpion.
Foto 1. La Ingram MAC-11.380 A1 (Military Armament Corporation – Model 11 .380 ACP Advancement 1, o M11A1) è una pistola mitragliatrice disegnata nel 1971 da Gordon Ingram della Military Armament Corporation (MAC); si tratta di una versione compatta della Model 10 (MAC-10) ed è utilizzata dagli americani per fronteggiare la Mini Uzi israeliana.




Ripercorrere le tappe fondamentali che hanno condotto alla realizzazione di armi e munizioni, rielaborarne la storia per una successiva esposizione, normalmente implica un impegno non indifferente: un lavoro di mera filologia oplologica!
“Fortunatamente”, la letteratura giurisprudenziale italiana viene incontro alle esigenze di qualsiasi romanziere: nel nostro Paese, manco a dirlo, il calibro 9 Corto è stato anche classificato come munizionamento bellico!
Potenzialità?
Spiccato potere d’arresto?
No, la risposta è senza alcun dubbio malcelata nell’articolo 1 della legge 110/75: “sono armi tipo guerra quelle che, pur non rientrando tra le armi da guerra, possono utilizzare lo stesso munizionamento delle armi da guerra o sono predisposte al funzionamento automatico per l’esecuzione del tiro a raffica o presentano caratteristiche balistiche o di impiego comuni con le armi da guerra. Sono munizioni da guerra le cartucce e i relativi bossoli, i proiettili o parti di essi destinati al caricamento delle armi da guerra”.
Sicuramente i lettori più giovani non lo ricorderanno ma, dalla seconda guerra mondiale sino alla fine degli anni ’80, la Beretta M34 camerata in 9 Corto rappresentava la principale dotazione individuale degli appartenenti alle Forze Armate e alle Forze dell’Ordine: quindi, questo calibro era di fatto “destinato” all’impiego bellico.
Com’è ovvio, a chiudere la saga del 380 Auto non arrivò mai una qual si voglia liberalizzazione o circolare esplicativa; semplicemente, per fini commerciali venne inserita all’interno del Catalogo Nazionale un’arma corta camerata in 9 Corto e così, con un assurdo “silenzio assenso”, il calibro è giunto sino ai giorni nostri.
Foto 2. Colt mod. 1908, una delle prime armi camerate in calibro 380 ACP (Automatic Colt Pistol).

La ricarica

Nella ricarica del 9 Corto, a seconda della scuola di pensiero, fondamentalmente si possono utilizzare sia le palle FMJ di calibro originale, che non richiedono svasatura e crimpaggio, sia quelle di diametro maggiorato che invece obbligano l’operatore a svasare il colletto e applicare un lieve taper crimp.
Le 100 cartucce realizzate oggi, che hanno un O.A.L. di 24,5 mm, utilizzano:
  • bossoli cal. 380 Auto Primo Sparo;
  • palle Round Nose ramate da 123 grs. H&N;
  • polvere VihtaVuori N310.

 

Foto 3. La pressa progressiva Dillon 1050 rappresenta oggi il top sul mercato, sia per i ricaricatori domestici che per i professionisti.




Dati tecnici

La munizione viene ricaricata solitamente con una lunghezza nominale (O.A.L.) compresa tra i 23,5 e i 24,8 millimetri; la velocità impressa al proiettile, ottenuta in base a peso, disegno e caratteristiche strutturali, oscilla tra i 217 ed i 326 m/sec (metri al secondo), con un’energia cinetica correlata compresa tra i 19 e i 32 kgm (kilogrammetri).
Per le proprie caratteristiche questa cartuccia viene impiegata su numerose tipologie di armi, dalla chiusura geometrica al contrasto di massa, quindi il caricamento effettuabile con il 380 Auto ha un ampio ventaglio di scelte.
Il bossolo di tipo rimless fa headspace sulla bocca, ragion per cui il caricamento non richiede il crimpaggio o, con l’impiego di palle in piombo maggiorate, un leggero taper crimp; monta inneschi Small Pistol e mostra un diametro alla bocca di 9,53 mm, con un’altezza complessiva di 17,33 mm e un diametro massimo, al fondello, di 9,5 mm.
Purtroppo le pareti sottili, specie sul collarino, sono la causa del precoce deterioramento del bossolo, che sicuramente non avrà una vita tecnica pari al “fratello maggiore” 9×21.

Die vs Die, il “fattore” matrice

Come avviene nella realizzazione di qualsiasi oggetto subordinato a una lavorazione a matrice, anche nella realizzazione dei bossoli il die ricalibratore svolge indubbiamente il compito principale; prima di proseguire con le successive fasi di ricarica, analizziamo le principali differenze tra i dies commercializzati dalle due case più note presso il “popolo dei ricaricatori”: LEE e Dillon.
Sostanzialmente, entrambi i dies svolgono il proprio compito egregiamente; le funzionalità della singola matrice però vengono compromesse in presenza di problematiche “fuori dal comune”, come la presenza di corpi estranei all’interno del bossolo o “l’incollamento” dell’innesco alla base: casi, questi, in cui i dies sono sottoposti a sollecitazioni e forze a volte eccessive.
N.B. Prezzi riferiti al mese di maggio 2011
Foto 4. Il kit di conversione in 380 Auto comprende: lo shell plate, la slitta d’avanzamento del bossolo, l’adattatore per il tubo dell’erogatore dei bossoli, 6 pin di bloccaggio ed il “funnel” svasatore.
Foto 5. Uno degli inceppamenti più tipici di questo calibro è dato dall’intraversamento del bossolo all’interno della slitta d’avanzamento.




Le dolenti note

Con un investimento di base che supera i 1.500 euro [anno 2011, n.d.r.], l’operatore ovviamente si aspetterebbe un ciclo funzionale ineccepibile; purtroppo, come anticipato in precedenza, nel caso del 380 Auto non è proprio così.

Foto 6. Per l’alimentazione dei bossoli la Dillon produce un’apposita slitta per il 380 Auto, facilmente distinguibile dalla particolare forma a scivolo. 

Anche se la pressa di per sé ha un funzionamento fluido e preciso, la lavorazione del 9 Corto ha messo a dura prova la continuità dei cicli di ricarica.

Alcune problematiche sono state generate solamente in fase d’alimentazione, dovute alla particolare forma del fondello del bossolo in rapporto alla sua bocca; nello specifico, si è verificato:

  • l’intraversamento del bossolo nella slitta;
  • il mancato (o parziale) inserimento del bossolo in fase d’alimentazione.

Questi malfunzionamenti non sono di per sé critici, anche se rallentano notevolmente le attività di ricarica; con un po’ di “esperienza sul campo”, comunque, possono essere risolti in pochi secondi.

Foto 7. Un’altra problematica generata dalla lavorazione del 9 Corto è data dall’inserimento parziale o errato del bossolo nella prima stazione dello shell plate.

L’unica prevenzione valida che può ovviare a tali problematiche consiste nel riempimento parziale del tubo di alimentazione dei bossoli; tradotto “in soldoni”, quando il tubo accoglie al suo interno un certo quantitativo di bossoli (circa la metà), sarebbe opportuno spegnere l’erogatore di bossoli: lavorando piccole quantità, quindi riducendo il peso, gli inceppamenti di alimentazione si riducono notevolmente.

Ogni atto (evento), umanamente concepito, purtroppo ha un inizio ed una fine; la Rubrica Semplicemente Ricarica, pubblicata su Action Arms, si chiude qui.Ringrazio sempre il Grande Collega Paolo Tagini per la fiducia riposta ed il tempo (e “lo spazio”) dedicatomi.

Ma Semplicemente Ricarica non finisce qui… nel prossimo appuntamento analizzeremo le peculiarità del calibro made in U.S.A. per eccellenza, il 45 Automatic Colt Pistol (45 A.C.P. va meglio?).




Semplicemente Ricarica

Domande?

Se hai da porre una domanda in merito a questo articolo per piacere utilizza il modulo "aggiungi un commento" che trovi in basso.

Siete in tantissimi a contattarmi e questo è il modo più semplice per un rapido scambio di informazioni, idee ed opinioni... fermo restando che la tua domanda può essere utile ad altri utenti.

NON POSSO ASSICURARE risposte tramite altri canali (es. messaggi privati su Facebook od altri social, "tag" del nome, forum, etc.).

Il confronto costruttivo è sempre gradito.

Grazie per la collaborazione.

Marco Milazzo