Il bossolo “a collo di bottiglia”

Home » Il bossolo “a collo di bottiglia”
in: Ricarica

Semplicemente Ricarica – Parte Terza

Articolo tratto dalla rubrica Semplicemente Ricarica, pubblicato nell’ottobre 2010 sulla rivista Action Arms del Grande Paolo Tagini.
N.B. Nell’articolo sono presenti alcuni prezzi al pubblico e riferimenti normativi che, ovviamente, si riferiscono al periodo di pubblicazione.

Una storia rocambolesca

Differentemente dalla cartuccia 9×21 IMI, analizzata nello scorso appuntamento, alla munizione 7,65 Parabellum non può essere attribuita una “singola paternità”, se non meramente spirituale; volendo dare una collocazione storica, ed un nome all’ideatore finale del calibro, potremmo senza alcun dubbio citare il nome di Georg Johann Luger (da qui la denominazione anglosassone .30 Luger), anno 1898, anche se la sua concretizzazione deriva da studi, realizzazioni e brevetti (in parte ceduti) di almeno altri due progettisti, Hugo Borchardt e Paul Mauser.
Tra la metà e la fine dell’Ottocento, le ricerche compiute dai progettisti/armaioli dell’epoca s’incentrarono su applicazioni di meccanismi di funzionamento semiautomatici in armi facilmente portabili; ovviamente la precisione meccanica e le pressioni richieste dovettero attendere l’introduzione della polvere infume, che non tardò ad arrivare.
Fu nel 1893 che il tedesco Hugo Borchardt, tecnico della Ludwig Loewe & Co. di Berlino, ebbe l’intuizione di adattare a tale scopo bossoli bottleneck, che aumentavano notevolmente le pressioni all’interno dell’arma, dando vita così a quella che potrebbe essere definita la prima pistola semiautomatica con caricatore prismatico amovibile, la C-93, insieme al calibro 7,63×25 mm Borchardt, denominato in seguito Mauser.
Quasi contemporaneamente, dopo dieci anni di studi, partendo da un prototipo di revolver ad azione mista, anche il tecnico tedesco Paul Mauser realizzò un’arma a funzionamento semiautomatico, la famosissima C-96 (Construktion 1896), arma destinata alla propria affermazione tecnico-strutturale nei due conflitti bellici che seguirono, e ambito oggetto per i collezionisti di tutto il mondo.
Foto 3. Durante la seconda guerra mondiale gran parte delle armi in dotazione all’esercito tedesco, camerate in calibro 7,65 Para, furono “convertite” al più performante 9×19 Parabellum. Nell’immagine si può notare il numero 9 inciso sull’impugnatura di questa Mauser C-96, segno distintivo dell’arma adeguata al nuovo calibro.




Il brevetto fu depositato l’11 dicembre 1895 ma, per problematiche economiche, lo stesso Mauser fu costretto a cederlo alla Ludwig Loewe & Co… ed è in questo contesto che entra in gioco proprio Georg Luger, tecnico dell’azienda titolare del brevetto, che negli anni a seguire prese il nome di DWM (Deutsche Waffen und Munitionsfabriken).
Luger, utilizzando bossoli 7,63 Mauser (.30 Mauser), in un primo momento accorciati di due millimetri ed infine di un altro, “creò” la munizione che dapprima prese il nome di .30 Luger-Borchardt, poi .30 Luger, DWM-472, che è arrivata sino ai giorni nostri con il nome di 7,65 Parabellum (o 7,65 Para), camerata in un’altra pistola semiautomatica preponderante nella seconda guerra mondiale, la Luger P08.
L’impiego di questa munizione, però, venne penalizzato dalla difficoltà di caricamento e dal potere d’arresto relativamente basso; venne quindi sostituita dallo stesso Luger dalla successiva 9×19 Parabellum (9 Luger), dove furono appiattite le pareti del bossolo.
Questa modifica strutturale era di facile realizzazione per le armi già in dotazione agli eserciti europei, dato che le dimensioni del bossolo rimangono appunto invariate.
Per i lettori più esigenti è corretto specificare anche l’origine del nome, alquanto particolare.
Com’è abbondantemente risaputo, dopo le guerre napoleoniche, alle munizioni confezionate (e non) in Europa il nome venne attribuito in base alla misura del proiettile, partendo dal riferimento espresso in decimi di pollice (ad esempio 9 mm = 0.38 in = 38, quindi il 38 Special altro non è che un’altra munizione in calibro 9).
Dato che a oggi la matematica è inconfutabilmente l’unica scienza esatta, è facile comprendere che un calibro di 7,65 mm andrebbe espresso in 0.32 in, quindi il nome corretto dovrebbe essere “.32 Luger“.
Come detto in precedenza, il brevetto fu però depositato partendo da una munizione di 7,63 mm, quindi .30 in, da qui il nome .30 Luger.
Il calibro 7,65 Para trova larga diffusione in Italia dalla seconda metà degli anni Settanta (entrata in vigore della legge per il controllo delle armi n. 110/75) sino alla commercializzazione del 9×21 IMI verso la metà degli anni Ottanta, dato che la principale conversione disponibile per le armi in 9 Luger, bandito ancora oggi nel nostro paese, era proprio il 7,65 Para.
Attualmente sono poche le case produttrici che annoverano nei propri listini questa munizione: anche se un marchio storico come la Fiocchi (GFL, Giulio Fiocchi Lecco) non ne ha mai cessato la fabbricazione nella propria linea Evergreen, è sempre più difficile reperire queste cartucce dall’armiere “di fiducia”, se non previa ordinazione.
Foto 5. Il bossolo rimless della cartuccia 7,65 Para ha consentito l’impiego di quest’ultima anche su armi automatiche, come questo MP34 prodotto dall’industria austriaco-svizzera Steyr – Solothurn su mandato della tedesca Rheinmetall. Pur vantando ottime caratteristiche tecniche, il modello risultava essere troppo costoso per l’impiego bellico e fu sostituito dal modello più “spartano” (ed economico) MP40 calibro 9 Parabellum.

Foto 6. Anche la famosissima Walther P38 è stata prodotta in calibro .30 Luger.

La ricarica

È ormai assodato che il ricaricare implica un forte abbattimento dei costi nell’esercizio del tiro ma, nel caso di questa munizione, è pacifico affermare che le operazioni legate alla pratica non possono definirsi del tutto semplici.
I problemi più rilevanti li pongono la difficoltà di reperimento del bossolame e la destrezza da acquisire nelle fasi di crimpaggio (lieve!) della palla…
Infatti, la spalla del bossolo tende a trafilare facilmente la palla in piombo, oppure a collassare al suo interno allorquando utilizziamo palle camiciate; senza tralasciare l’impedimento dato da un crimpaggio insufficiente, che irrimediabilmente farebbe retrocedere la palla all’interno del bossolo.
Per quanto possa sembrare strano, per prendere dimestichezza con la ricarica di questo calibro è consigliabile iniziare con palle ramate, un ottimo compromesso tra Full Metal Jacket e piombo nudo, effettuando almeno una decina di tentativi di crimpaggio in bianco (in assenza di polvere e innesco).
Per completezza va anche detto che nel caso in cui si utilizzino bossoli di risulta è tassativo lubrificare gli stessi prima della fase di ricalibratura.
Foto 7. Tampone per la distribuzione uniforme del lubrificante sui bossoli.
Le 100 cartucce realizzate con la nostra pressa RCBS hanno un O.A.L. di 29,00 mm, utilizzando per praticità:
  • Bossoli cal. 7,65 Parabellum Rigenerati;
  • Inneschi boxer Small Pistol Fiocchi;
  • Palle Round Nose ramate 82 grs;
  • Polvere VihtaVuori N340.

 




Dati tecnici

La munizione viene ricaricata solitamente con una lunghezza nominale (O.A.L.) compresa tra i 27 ed i 29,85 mm; la velocità impressa al proiettile, generata come sempre in base alle variabili “peso”, “morfologia” e “caratteristiche strutturali”, oscilla tra i 286 e i 475 m/s (metri al secondo), con un’energia cinetica correlata compresa tra i 30 ed i 47 kg·m (chilogrammetri).
Per sopperire al basso potere d’arresto, molti ricaricatori professionali hanno sperimentato dei caricamenti ad hoc utilizzando palle ultraleggere (appena 29 grani), con disegno similare alle THV, capaci di generare velocità di 589 m/s, prodotte in Italia dalla IGF Munition.
Il bossolo di tipo rimless, quindi privo di sporgenze del fondello, monta inneschi Small Pistol, mostra un diametro di 8,43 mm al colletto e di 9,91 mm al di sotto della spalla, un angolo di spalla pari a 18°, un’altezza complessiva di 21,59 mm e un diametro massimo, al fondello, di 9,98 mm.
Navigando per il web è facile incappare nel “professionista di turno” che consiglia di utilizzare inneschi magnum per aumentare le prestazioni finali del proiettile: ATTENZIONE, tali comportamenti pregiudicano notevolmente la vostra sicurezza e quella dei vostri compagni di tiro, dato che gli eccessi pressori generati da tali inneschi non sono ritenibili da armi strutturate in questo calibro.

Attrezzature utilizzate

Iniziamo parlando della pressa utilizzata per la stesura di questa “prova”, la RCBS Partner Press.
A differenza della LEE Reloader, analizzata nello scorso appuntamento, l’operatore si trova di fronte ad uno strumento di maggiore accuratezza e precisione, peculiarità di enorme rilevanza nella ricarica di munizioni bottleneck.
Foto 8. Particolare della conicità ricavata sul pistone della Partner Press.
I
Il principio di funzionamento richiese sempre gli stessi requisiti: la pressa ancorata ad una base robusta (meglio se in legno), tre perni di fissaggio, un pistone, un semplice leveraggio per l’adattamento alla forza umana ed in testa il foro per avvitare i dies.
La prima differenza che salta subito agli occhi rispetto alla Reloader, oltre al peso ed alla solidità strutturare “palpabile”, è la vaschetta per il contenimento degli inneschi spenti, da posizionare sul lato destro della macchina; un foro ricavato dal pistone, coadiuvato da una generosa conicità, ha il compito di convogliare gli scarti dati dalla prima consueta fase di lavorazione dei bossoli ed effettivamente, provato “sul campo”, si può affermare che il sistema funzioni egregiamente, anche in caso di inneschi più duri che letteralmente sono stati “sparati” (lanciati, ovviamente) all’interno di questo utile contenitore.
N.B. Prezzi riferiti al mese di ottobre 2010

1° Passaggio – Decapsulamento e ricalibratura

Su questa fase non ci dilungheremo molto dal momento che, rispetto alla procedura analizzata nella scorso numero, non ci sono sostanziali differenze; va detto però che la ricalibratura di tutti i bossoli bottleneck implica necessariamente la lubrificazione dei bossoli e, dopo il passaggio nella matrice, una corretta asciugatura.

Nonostante il mercato offra una notevole varietà di lubrificanti e tamponi specifici per bossoli, nulla vieta a noi “ricaricatori domestici” di utilizzare lubrificanti altrettanto validi, anche se meno “blasonati” nel campo armieristico (per esempio WD-40, CRC, Arexons, eccetera).

Inoltre, dati la particolare forma dei bossoli a collo di bottiglia e l’utilizzo di materiale di risulta, potrebbe tornare utile in alcuni casi l’impiego di un apposito tornietto, per la riduzione della lunghezza, e di un alesatore (o sbavatore) per correggere eventuali “bave” di tornitura.

Affronteremo l’argomento nel dettaglio quando andremo a ricaricare le munizioni da carabina; per maggiore comodità, nella stesura di questo terzo appuntamento impiegheremo bossoli già rigenerati (quindi decapsulati e ricalibrati).

Foto 9. Alcune delle componenti utilizzate; sulla sinistra si possono notare alcune munizioni confezionate.

Foto 10. Le cartucce finite con un giusto crimpaggio.

Foto 11.  SIMULAZIONE – Un crimpaggio troppo lieve sarà causa di un’inevitabile retrocessione della palla, non appena camerata.

2° Passaggio – Innescamento

Repetita juvant, dicevano i latini… quindi, prima di iniziare con l’innescamento dei bossoli, ricordiamo di indossare le nostre protezioni individuali.L’innescatore per pressa utilizzato ha un funzionamento analogo rispetto a quello manuale; sarà quindi necessario versare gli inneschi nel giusto verso di distribuzione (testa vero il piatto nero) e chiudere il coperchietto di contenimento.

Foto 12. Avvitare l’innescatore senza il piattino.
Foto 13. Interporre un piccolo spessore (come la punta di un cutter) tra il piatto e la guida.
Foto 14. L’innescatore installato correttamente.

All’interno della confezione sono presenti due guide e due “pistoncini”, in base alla tipologia di inneschi da impiegare, Small e Large.

I pistoncini sono riconoscibili dalle dimensioni (quello Small è ovviamente più stretto) mentre sulle guide è impressa la lettera di riferimento (“S” per Small ed “L” per Large).

Foto 15. La lettera “S” contraddistingue la guida per inneschi Small.

Il vantaggio di questo innestatore risiede nella possibilità di utilizzare gli stessi shell holder inclusi nei kit dies commerciali, oltre che nella semplicità d’impiego e nella praticità.

Quindi, dovendo innescare bossoli aventi foro Small, assembliamo l’innescatore con tutto il necessario ad esclusione, per il momento del piattino.Avvitare, sino a fine corsa, la base dell’innescatore sul foro per dies e montare l’astina di prolungamento nell’alloggio che normalmente ospita lo shell holder; a questo punto, avvalendosi dell’ausilio di una punta sottile (un cutter va più che bene) ed evitando di far cadere gli inneschi, inserire il piatto, avendo cura di spingerne la sporgenza sino a fine corsa.
L’innescatore è pronto a svolgere il proprio compito.




3° Passaggio – Svasatura ed inserimento della polvere

Le operazioni di svasatura del 7,65 Para non differiscono sostanzialmente da quelle effettuate nella lavorazione di altri calibri, ovviamente non bisogna eccedere per evitare la deformazione della spalla del bossolo.

La bilancina elettronica oggi utilizzata, anche se dai costi contenuti, è un praticissimo strumento.

La pulsantiera, semplice e intuitiva, presenta i seguenti comandi:

  • Accensione
  • Tara
  • Retroilluminazione
  • Unità di misura
  • Auto calibrazione

 

L’utente, nell’impiego di tutte le bilance elettroniche, deve sempre ricordare di rimuovere qualsiasi oggetto si trovi sul piatto di pesa, altrimenti lo strumento rivelerà automaticamente lo stesso come tara.

Si raccomanda di effettuare singole pesate precise prima di versare la polvere all’interno del bossolo.

Come la scorsa volta inseriremo la polvere all’interno del bossolo utilizzando l’imbuto poggiato in testa al die svasatore, riponendo i bossoli riempiti all’interno dell’apposito piatto porta bossoli.

4° Passaggio – Inserimento della palla e crimpaggio

È in questa fase che maggiormente potremo apprezzare la qualità di questa ottima pressa, infatti l’inserimento della palla risulta alquanto netto e preciso, se pur presenti le difficoltà legate alla spalla del bossolo.

Purtroppo il problema più comune generato dal munizionamento ricaricato in .30 Luger è l’impossibilità di camerare in maniera ottimale la cartuccia; sarebbe opportuno, almeno nei primi tentativi, effettuare un “cameramento” di cartucce confezionate “in bianco”, in assenza quindi di polvere e inneschi.

Sul campo di tiro la P210 utilizzata con le munizioni ricaricate non ha riscontrato alcun problema, registrando una velocità media di 391 m/s.

Conclusioni

La Partner Press prodotta dalla RCBS è indubbiamente uno strumento di cui ogni ricaricatore dovrebbe avvalersi, anche se utilizzata come pressa di backup dagli utenti che prediligono le presse progressive… In fondo, la differenza di prezzo rispetto a una comunissima entry level è pienamente giustificata dall’ottimo funzionamento.

Nel prossimo appuntamento impareremo ad utilizzare una pressa progressiva ricaricando il calibro 7,65 Browning e, perché no, proseguendo l’iter storico delle armi semiautomatiche vedremo come John Moses Browning rivoluzionò la tecnica giunta sino ai giorni nostri.




Semplicemente Ricarica

Domande?

Se hai da porre una domanda in merito a questo articolo per piacere utilizza il modulo "aggiungi un commento" che trovi in basso.

Siete in tantissimi a contattarmi e questo è il modo più semplice per un rapido scambio di informazioni, idee ed opinioni... fermo restando che la tua domanda può essere utile ad altri utenti.

NON POSSO ASSICURARE risposte tramite altri canali (es. messaggi privati su Facebook od altri social, "tag" del nome, forum, etc.).

Il confronto costruttivo è sempre gradito.

Grazie per la collaborazione.

Marco Milazzo