Dicotomia tra Sensi e Ragione

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La più classica delle domande: Pistola o Revolver?

Per chi (come me) è un grande nostalgico, oltre che appassionato, voglio ricordare che questo articolo è stato pubblicato nel febbraio 2011 sulla rivista Action Arms del Grande Paolo Tagini.

Nel mondo degli appassionati, degli sportivi o anche dei semplici bottaroli occasionali, la domanda “è migliore una pistola semiautomatica o un revolver?”, ad essere sinceri, almeno una volta ce la si pone.

In molti casi la scelta ricade sull’oggetto più bello, sia esso un Python piuttosto che una Government, e non esistono regole o calcoli empirici che possano giustificare o meno la scelta verso l’una o l’altra tipologia; per fugare ogni dubbio è necessario analizzare le finalità d’utilizzo, le caratteristiche tecniche dell’arma specifica e valutare “oggettivamente” il proprio addestramento personale.

La tabella che segue riassume in breve le peculiarità delle due tipologie di armi:

Capacità di fuoco

Il primo elemento oggettivo riscontrabile in una pistola semiautomatica è l’elevata capacità di fuoco.

Alcuni sport, come il Tiro Dinamico Sportivo, hanno la “necessità” di un’arma con un maggior numero di munizioni; la difesa personale, invece, più che la capienza del caricatore dovrebbe prediligere un addestramento costante.

Decenni di studi condotti dai più autorevoli enti statunitensi hanno rilevato che il 75% dei conflitti a fuoco con arma corta ha luogo dai 3 ai 7 metri, con una media di appena  4 colpi in 8 secondi.

Questo dato dovrebbe far riflettere non soltanto sulla “quantità”, ma sul fatto che 4 colpi esplosi in 8 secondi implicano una discreta velocità nel doppiaggio.

Per completezza è necessario constatare che il peso di scatto della doppia azione selettiva, ormai presente su tutti i revolver di moderna concezione, è molto simile (se non migliore) a quello delle pistole semiautomatiche e, per ovviare alle problematiche poste dal volume di fuoco, alcune case costruttrici hanno realizzato alcuni modelli di revolver con 6, 7 o addirittura 12 camere.




Meccanica e funzionamento

Revolver

La caratteristica basilare che contraddistingue il revolver è data dal suo sistema di alimentazione, realizzato da un tamburo contenente le camere di cartuccia (6, nella maggior parte dei modelli).

Il caricamento avviene inserendo le singole cartucce in ogni camera o, più velocemente, con l’ausilio di uno Speed Loader idoneo all’arma è possibile inserire tutte le cartucce in contemporanea.

Grazie ad una meccanica ridotta il funzionamento è semplicissimo: è necessario che il tiratore eserciti pressione sul grilletto per dar inizio al ciclo di sparo.

Un asse centrale garantisce che all’atto dello sparo ogni singola camera sia posta in linea rispetto all’invito della canna.

Nella quasi totalità dei modelli di nuova concezione è possibile effettuare tiri sia in singola azione che doppia.

Congegni di sicurezza “automatici”, come il transfer bar, rendono sicuro il porto dell’arma carica.

Foto 3. Anche se con un basso potere d’arresto, le pistole Derringer a doppia camera rappresentano il miglior compromesso in termini di comodità e praticità: l’ideale per un’arma di back up tascabile.
Foto 4. Sempre nel campo delle armi di back up una grande fetta di mercato è rappresentata dalle Smith & Wesson nei modelli Bodyguard (fig. A) e Centennial (fig. B). I revolver, offrendo pochi punti d’appiglio, consentono per esempio il tiro anche dall’interno di una tasca.

Semiautomatica

Principiamo col dire che non esiste una singola tipologia di funzionamento semiautomatico; i cinematismi generati da ogni singolo modello di pistola classificano le stesse in tre “macro-gruppi”, contraddistinti in base al tipo di chiusura: Stabile, Metastabile, Labile.

Ad ogni singolo gruppo sono subordinate delle successive categorie; per comodità analizzeremo il sistema attualmente più diffuso, ovvero quello a chiusura geometrica (Stabile) a sfruttamento del corto rinculo.

Oltre alla presenza di un serbatoio/caricatore, il funzionamento semiautomatico necessita di una prima azione compiuta dall’operatore, ossia l’inserimento del “colpo in canna”.

Gli elementi distintivi che compongono un’arma a chiusura geometrica, con funzionamento a corto rinculo, sono:

  1. canna, separata dal fusto;
  2. molla antagonista;
  3. carrello;
  4. congegni e/o organi meccanici che, bloccando la corsa della canna, liberano il carrello.

Principiamo quindi dalla condizione Fire (arma carica con colpo in canna e cane armato).

Agendo sul grilletto i congegni di scatto disimpegnano il cane il quale, battendo sul percussore, determina l’accensione dell’innesco.

I gas prodotti dallo sparo, oltre a far avanzare il proiettile nella sua corsa univoca verso la volata, generano l’arretramento del gruppo canna-carrello sino al punto in cui il blocco di chiusura, generalmente posto sotto la canna, disimpegna il carrello che procede nel suo moto verso il punto morto posteriore; l’unghia estrattrice che vincola il bossolo alla gola sfila lo stesso dalla camera di cartuccia mentre l’espulsore, generalmente ricavato dal fusto dell’arma, ha il compito di espellerlo liberando la finestra; nel contempo, la parte posteriore del carrello riarma il cane.

A questo punto il moto generato dalla molla antagonista fa avanzare nuovamente il carrello dello spazio necessario per sfilare una nuova cartuccia dalle labbra del caricatore (mediante la testa dell’otturatore ricavata all’interno del carrello stesso), svincola il blocco della canna ed infine ricostituisce il gruppo canna-carrello riportando l’arma in chiusura, nuovamente in condizione Fire.

Foto 5. A.La Beretta 92/96/98, denominata anche M9, è l’esempio di arma a chiusura geometrica a sfruttamento del corto rinculo più apprezzata dal mercato, dagli eserciti e dalla cinematografia di tutto il mondo. L’immagine (fig. B) mostra l’arma in condizioni di “Fire”. Nel momento dell’accensione delle polveri gli sviluppi pressori generati dallo sparo fanno arretrare il gruppo canna-carrello fino al punto di arresto della canna, disimpegnando il carrello che percorre la sua corsa sino al punto morto posteriore (c.d. “punto di massimo arretramento”); la molla antagonista posta sotto la canna ha il compito di chiudere il carrello, inserendo un’altra cartuccia in camera e riportando così l’arma in condizioni di “Fire”.

Foto 6.
La Frommer Stop Pisztoly calibro 7,65 Browning è una delle pochissime pistole funzionanti a lungo rinculo di canna. L’arma è priva di carrello, in quanto canna e otturatore scorrono all’interno di un tubo ricavato dal fusto. Il funzionamento alquanto farraginoso vanta oltre tutto la presenza di due molle antagoniste: una per la canna e l’altra per l’otturatore.

Foto 7. A.La chiusura metastabile a ritardo d’apertura basa il proprio funzionamento sul mantenimento della chiusura dell’otturatore, dall’accensione della cartuccia sino al momento in cui il proiettile lascia la canna; si adeguano così i livelli pressori alle normali condizioni di sicurezza. B.Sistema Benelli. C.Sistema Heckler & Koch. (Fonte: www.tiropratico.com)




Il sistema sopra descritto può variare lievemente a seconda delle marche e/o dei modelli, o ancora in presenza di canna basculante, anche se sostanzialmente i cinematismi risultano del tutto similari.

Una differenza particolare è costituita dai sistemi d’accensione a percussore lanciato, elemento distintivo delle famosissime Glock; in questa tipologia d’arma, infatti, il cane è del tutto assente e il compito di armare e lanciare il percussore è demandato proprio al grilletto.

Manutenzione ordinaria

Revolver

Per la pulizia ordinaria non occorre smontare l’arma.

Le operazioni si compiono disimpegnando il tamburo per poi agire, con gli strumenti idonei (scovolino, pezzette, olio etc.), all’interno delle camere e della canna.

Come sempre bisogna prestare la massima attenzione a non far giungere olio nelle parti sensibili, come per esempio il gruppo di scatto, il dente di rotazione del tamburo od il controcane.

Semiautomatica

Le operazioni di pulizia dell’arma possono essere effettuate solamente dopo aver eseguito il primo smontaggio (c.d. da campagna), che varia in relazione ai modelli.

Le parti da pulire con maggiore attenzione sono la canna e la camera di cartuccia.

Per un ottimale funzionamento è anche necessario lubrificare le guide del carrello (o di rotazione della canna), avendo cura di non far entrare olio all’interno del gruppo di scatto.

Saltuariamente è anche consigliabile pulire e oliare le pareti interne del caricatore.

Foto 8. A.La Walther PPK, la celebre arma dell’Agente 007, è la più significativa pistola a chiusura labile; tale sistema si basa sul contrasto di massa offerto dal peso del carrello e coadiuvato dalla resistenza esercitata dalla molla antagonista, motivo per cui può essere utilizzato solamente su armi di calibro non sostenuto (solitamente non oltre il 380 Auto).
Foto 8. B.
L’arma è ripresa in smontaggio da campagna; come si può notare, la canna è del tutto solidale al fusto.

Foto 9. Gli Autorevolver prodotti dalla Mateba (fig. A.), oltre ad avere tamburi da più di 6 colpi, sfruttano il rinculo per far arretrare automaticamente il cane, garantendo la stessa celerità di tiro di una pistola semiautomatica. Il progetto datato 1997 non è del tutto originale, dato che già nel 1895 la Webley-Fosbery (fig. B.) produsse la prima pistola semiautomatica a tamburo.

Foto 10. La disponibilità di accessori – quali guancette ergonomiche e/o pro-grip, slitte, puntatori laser e ottiche – non sono più un tabù nemmeno per i più classici dei revolver, come questo Ruger modello Super Redhawk cal. 44 Magnum.
Foto 11. L’ausilio di uno speed loader (in italiano “carichino”) velocizza notevolmente i tempi di caricamento dell’arma. Il mercato offre un’ampia gamma di modelli; per esempio, questa versione per Taurus mod. 94 calibro 22 LR.

 




Inceppamenti

In scenari operativi è sicuramente l’evento che nessuno vorrebbe fronteggiare. 

Cosa sono gli inceppamenti? Ed a cosa sono dovuti?

Ovviamente, essendo le armi da fuoco strumenti meccanici soggetti alle sollecitazioni termobalistiche, non esulano da malfunzionamenti.

All’origine di un inceppamento avremo quindi due macro-cause: le condizioni dell’arma e quelle della cartuccia; l’interazione di questi due fattori può dar vita a inceppamenti gravi, quindi non risolvibili sullo scenario.

La condizione della munizione grava indubbiamente sul funzionamento di entrambe le tipologie d’arma anche se i revolver, data la parziale assenza di parti meccaniche in movimento durante il ciclo di sparo, hanno una maggiore tolleranza rispetto alle pistole semiautomatiche.

Quando si parla di “condizione”, infatti, è utile innanzitutto valutare lo stato di conservazione delle munizioni, il livello di usura del bossolo, i tipi e le dosi di polvere adoperata (nel caso di cartucce ricaricate); senza dilungarsi troppo, è noto a tutti i periti balistici che i cacciatori di frodo adoperino con grande “imperizia”, al fine di ridurre gli effetti acustici dello sparo, cartucce sotto caricate.

Tale comportamento pregiudica indubbiamente la sicurezza del tiratore, dato che le pressioni generate da questi caricamenti spesso non sono bastevoli ad imprimere la spinta necessaria alla palla per superare la resistenza delle rigature della canna; nella migliore delle ipotesi, il proiettile resta intrappolato tra le rigature originando un generoso rinculo… nella peggiore, invece, le retroproiezioni dei gas compressi danneggiano l’arma e, il più delle volte, anche il tiratore.

Da non trascurare inoltre la morfologia e l’assialità del proiettile stesso: caricamenti con palle THV o troncoconiche richiedono maggiori accortezze rispetto alle classiche ogivali.

Polveri umide inoltre possono generare dei pericolosissimi ritardi d’accensione, mentre nelle armi semiautomatiche fondelli troppo usurati possono dar vita a una mancata (o parziale) estrazione; in conclusione, lo stato delle munizioni è inequivocabilmente una delle cause primarie di eventuali malfunzionamenti.

L’inceppamento del revolver

Conditio sine qua non per il funzionamento di ogni revolver è la perfetta assialità del tamburo (di ogni camera di cartuccia, quindi) con l’invito della canna.

Essendo macchine dell’umano ingegno, ovvero imperfette, il disassamento micrometrico è presente in qualsiasi esemplare commercializzato e segna con tratti inequivocabili – definiti in termini forensi impronte di singolarità dell’agente balistico – ogni proiettile propulso da tale arma.

Qualora tale disassamento risultasse essere esasperato, magari dovuto allo stato di conservazione dell’arma, gli effetti (ed inceppamenti) derivanti sarebbero a dir poco deleteri… in parole povere, è molto difficile che un revolver si inceppi ma, se questo dovesse accadere, sarebbe impossibile risolverlo al di fuori di un laboratorio specializzato.

L’inceppamento della pistola semiautomatica

La corretta “convivenza” con la propria arma implica sicuramente che la si conosca appieno: ogni tiratore che adopera un’arma semiautomatica ha la lapalissiana certezza che la stessa, volente o nolente, prima o poi s’incepperà!

Come detto in precedenza, è questione di parti meccaniche in movimento che, sommate alle innumerevoli variabili che possono contrastare il regolare riarmamento, generano questo fenomeno.

Escludendo i casi in cui la palla rimane all’interno della canna, o il bossolo incollato alla camera di cartuccia, i malfunzionamenti possono essere risolti (con un adeguato addestramento) anche in pochi secondi.

La prima regola da seguire è “mantenere la calma ed il pieno controllo dell’arma”.

Lo stow pipe (come si definisce l’inceppamento dovuto al bossolo completamente estratto, ma non espulso dall’arma) è uno dei fenomeni più frequenti; la risoluzione è semplicissima: basta colpire con la mano il bossolo, con un “colpo secco” che parte dalla direzione della volata sino al punto morto posteriore (più propriamente detto punto di massimo arretramento).

La doppia alimentazione rappresenta invece uno dei malfunzionamenti tipici delle armi con caricatore bifilare, causato generalmente dall’allargamento di una delle labbra di quest’ultimo; per la sua risoluzione occorre una certa manualità, portando l’arma in condizione di hold open ed inclinando la finestra di espulsione verso il basso al fine di far cadere la cartuccia di troppo.

Sempre generato da una morfologia alterata del caricatore – nello specifico, le labbra ristrette – deriva il cameramento solo parziale della cartuccia; un colpo deciso sulla parte posteriore del carrello riporterà l’arma in condizioni di Fire.

È sempre buona norma quindi controllare lo stato del caricatore, avendo cura, concluse le fasi d’inserimento delle cartucce, di colpirne decisamente il fondello con il palmo della mano al fine di far allineare correttamente tutte le munizioni in esso contenute.

Foto 12.  Lo stow pipe rientra tra gli inceppamenti più frequenti; la sua risoluzione avviene in una manciata di secondi, mediante una semplice spinta con il palmo della mano sul bossolo stesso.

 




Scelta del calibro

Le conclusioni che emergono da questo testo sono indubbiamente ovvie: la scelta del calibro è demandata allo scenario nel quale ogni operatore si trova a impiegare l’arma.

Anche se di indubbio effetto, è inutile portare per difesa personale un’arma camerata in 44 Magnum se non si è in grado di gestirne le reazioni; così come sarebbe insufficiente, in termini di potere d’arresto, un esemplare in calibro 22.

Non esiste una vera e propria risposta su quale sia l’arma migliore: le impressioni su revolver o semiautomatiche nei vari calibri e configurazioni sono alquanto soggettive.

La scelta deve essere sempre effettuata in base alla praticità d’impiego e al proprio addestramento personale e, perché no, avvalendosi anche delle preziose percezioni, ed esperienze, di operatori “realmente” competenti.

Foto 13.  L’austriaca Glock modello 17 è sicuramente il più chiaro esempio di arma a percussore lanciato. È infatti distinguibile la totale assenza di un cane esterno, dato che l’azione sul percussore viene trasferita direttamente dal grilletto.

 

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Marco Milazzo