La solitudine dei numeri “privi”… di matricola

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Dal pianeta armi usi ed abusi sulla “mancanza” dei numeri di matricola

(In collaborazione con l’Avvocato Umberto Chialastri del Foro di Roma)

 

Goliardica, vero?  🙂

Era da tanto tempo che volevo scrivere qualcosa sull’annosa questione “numeri di matricola”… poi, qualche giorno fa, la goccia che ha fatto traboccare il vaso…

Marco, per piacere aiutami! Ho ritrovato un vecchio fucile di mio nonno e NON me lo vogliono far denunciare perché “manca” il numero di matricola.

Mettiamo da parte quindi altri argomenti e dedichiamoci alla quaestio (in latino “esercitazione scolastica”, dimostrazione per mezzo della ragione, in cui venivano risolti i contrasti relativi a testi di studio).

Prima di iniziare guarda la locandina che palesemente ho “photoshoppato” (male)… si, ok… 18 aprile, “interpretazione”, etc. etc…. ti dico… guarda bene la locandina… noti nulla di strano?

Ti aiuto io:

Capita che qualche anno fa un Cittadino Italiano, in possesso di regolare porto d’armi, acquisti alcune armi antiche (spero mi legga qualcuno del Ministero dei Beni Culturali).

Capita che quel Cittadino si rechi diligentemente presso gli “uffici preposti” per denunciare l’acquisto.

Capita che personale preposto…

Sig. Mario Rossi (ovviamente nome di fantasia, n.d.r.), senza “numeri di matricola” IO la denuncia NON la posso accettare (affermazione gravissima, n.d.r.); vada da un incisore e faccia apporre dei numeri di matricola sulle armi (antiche!!!).
Quando ha fatto torni e denunciamo le armi.

Ehi!!! Dei “Beni Culturali”!!! C’è nessuno???

Il particolare che vedi in foto, “numero 2”, ritrae la pregiatissima incisione che un artigiano ha praticato su di un altrettanto pregiatissimo bastone animato dell’800!

Il “numero 1” è stato riservato ad una bellissima spingarda spagnola, i “numeri 3 e 4” a due pistole da duello, mentre il “numero 5” ad un martinetto della marina.

Ehi!!! Dei “Beni Culturali”!!! C’è nessuno???




Precisazione iniziale… il colpevole NON è il “controllore”

Finora ho scritto dieci capoversi… chi è il colpevole?

Ovviamente il “preposto” che ha suggerito un abominio del genere dirai tu… per me no!

Le leggi sulla “materia armi” ci sono, è vero, ma sono quasi sempre “un cane che si morde la coda”… un “vai a cercare”, poi “l’aggiornamento”, poi “la circolare”, poi “la Cassazione”… poi una licenza di porto d’armi concessa SENZA che il titolare conosca le leggi (NON avviene la stessa cosa per la patente di guida ad esempio).

E se già chi legalmente detiene armi, parlando del comune Cittadino, NON abbia idea della vastità della materia, “chi controlla” cosa può fare?

Nulla di che… se “chi controlla” deve avere NOZIONI sull’abigeato, sull’abusivismo edilizio… e per rimanere nell’ambito della sola lettera “A”… deve avere anche nozioni sulla volutamente controversa materia armi… ecco che personale preposto chiede di rivolgersi ad “un incisore”… al pari di chi dice che l’arma senza numero di matricola NON si può denunciare… al pari di chi dice “è certamente un’arma clandestina“.

Con queste mie righe quindi NON ti sto dicendo che un Pubblico Ufficio possa NON assolvere correttamente il proprio compito; se la materia può apparire e/o essere controversa, cerca in primo luogo di conoscerla tu… almeno da “diretto interessato saprai bene di cosa stiamo parlando ed argomentare!

È istituito presso il Ministero dell’interno il catalogo nazionale delle armi comuni da sparo, con esclusione dei fucili da caccia ad anima liscia e delle repliche di armi ad avancarica, delle quali è ammessa la produzione o l’importazione definitiva (abolito con Legge 12 novembre 2011 n.183).
La catalogazione dei prototipi di nuova produzione o di nuova importazione avverrà sulla base dei disegni e delle caratteristiche indicate nella domanda o dei prototipi stessi.
La presentazione del prototipo non è comunque richiesta per i fucili da caccia ad anima liscia, nonché per le riproduzioni di armi antiche ad avancarica, all’iscrizione dei quali in catalogo si procede tenendo conto delle caratteristiche comuni a tali armi.
L’iscrizione dell’arma nel catalogo costituisce accertamento definitivo della qualità di arma comune da sparo posseduta dal prototipo.
Nel catalogo sono indicati:
il numero progressivo d’iscrizione;
la descrizione dell’arma e il calibro;
il produttore o l’importatore;
lo Stato in cui l’arma è prodotta o dal quale è importata.
Confezioni artistiche od artigianali non alterano il prototipo se rimangono invariate le qualità balistiche, il calibro e le parti meccaniche di esso.
Con propri decreti da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale, il Ministro per l’interno determina:
1) la data d’inizio delle operazioni di catalogazione;
2) le modalità per l’iscrizione nel catalogo e quelle relative al rifiuto dell’iscrizione;
3) le modalità per la pubblicazione e gli aggiornamenti del catalogo.
(Articolo 7, legge 18 aprile 1975 n.110, fonte www.gazzettaufficiale.it)




22 Marzo 2018, ore 11:00 circa… “Come il trombone del brigante Gasparone

Mi trovavo in un centro commerciale quando ricevo una telefonata:

Marco ho un problema!
Dimmi…

Sistemando casa di mio nonno abbiamo rinvenuto un fucile antico; sono andato in [omissis] per denunciarlo e mi dicono che “se non c’è numero di matricola” devo fornire prova che sia “antecedente al 1920” altrimenti NON lo posso denunciare e DEVE essere rottamato! Mi serve un “perito balistico”.
Dammi mezz’ora, il tempo che arrivo in ufficio; nel frattempo girami tutte le foto che puoi fare all’arma, anche dei particolari.

Alla fine l’arma aveva tutti i “requisiti previsti”, ossia anche l’identificazione matricolare impressa dal produttore… ma… stanno realmente così le cose?

1890, 1920? Numeri assurdi estratti da chissà quale cabala oppure esiste una vera e propria ratio?

Ma andiamo avanti… non è forse questo il primo caso che solitamente assisto (anche gratuitamente)…

Altro esempio capitatomi parecchi mesi addietro… il padre di un appartenente alle FF.OO. deteneva legalmente presso la propria abitazione (legalmente = armi denunciate) due pistole ad AVANCARICA dei primi dell’800.

Controllo armi…

Non c’è il numero di matricola, sono armi clandestine!
Se le faccia periziare da un esperto
(fornendo prontamente “un” biglietto da visita) e trasmetta la relazione; soltanto in quel caso possiamo affermare con certezza che sono armi antiche.

Armi (sempre due pistole ad avancarica) “prontamente requisite” dalle Autorità competenti senza rilasciare ALCUN VERBALE DI SEQUESTRO!!!

Armi che “ufficialmente” erano detenute presso il domicilio del mio assistito che di fatto si trovavano in altro luogo… E CHE LUOGO!!!

Ma poi… “biglietto da visita”… mi fornisca la perizia… ecco dove finisce la legge e dove inizia l’ABUSO!

Continuiamo?

Notitia Crimis… incarico di giustizia… aridaglie, altra “arma ad avancarica”; nessun numero di matricola = arma clandestina!

Perché?

Mio personalissimo parere? Colpa della naja!

Chi come me ha vissuto questa bellissima esperienza è stato abituato al fatto che “qualsiasi oggetto matricolato  è soggetto a particolari “accortezze”.

Una volta in sede d’udienza, argomentando sull’oggetto “giubbotto antiproiettile” lo dissi apertamente ad un Giudice: anche un frigorifero ha un numero di matricola, quindi? Va denunciato?

Il mio assistito fu assolto dall’assurda accusa di NON aver denunciato la propria “protezione balistica”, ma il fatto non cambia… cos’è il numero di matricola impresso su di un’arma da fuoco (o sue parti), quando è obbligatorio e, cosa più importante, quando detenere un’arma da fuoco (da sparo in genere, o bianca), anche in sua assenza NON costituisce REATO.

Il numero di matricola (od in legalese contrassegno matricolare), sulle armi “moderne è obbligatorio”… pacifico… e se non c’è? Se l’arma non è poi così “moderna”?

L’argomento non è proprio così breve… prima di esporre occorre parlare di “stragi”!!!




La “strage” delle armi ad aria compressa in Italia

In tutti i miei scritti non nascondo mai il mio amore indiscusso per “la 110/75”, una legge furba e necessaria nel 1975… una legge vecchia in contesti più moderni come gli anni del terzo millennio; chi ha piena contezza della “storia giurisprudenziale” delle leggi che hanno riguardato il mondo delle armi non può non ricordare la “23 febbraio 1960 n.186″… la 110/75 è più famosa!  🙂

In tema di “numeri di matricola” poi, a mio avviso, ciò che di assurdo accadde nel nostro Bel Paese riguarda sopratutto le “armi ad aria compressa” (magari anche qualche “calibro flobert”).

Sono un classe ’80, pacifico quindi che nel 1975 non c’ero, ma immagino benissimo cosa possa essere accaduto con l’entrata in vigore della “legge quadro” 110/75: quello che sino al 17 aprile era pressoché un giocattolo, il 18 aprile diventa arma!

Magari il frigorifero di casa il numero di matricola l’aveva, la carabinetta ad aria compressa (giocattolo sino a ieri) NO!
Che fare allora?

La legge parla chiaro:

Entro il termine di un anno dalla data indicata nel decreto di cui al precedente comma debbono essere presentate al Banco nazionale di prova o alle sue sezioni, ove mancanti del numero di matricola, per l’apposizione di questo ultimo a norma del quinto comma:
– le armi comuni da sparo prodotte nello Stato o importate prima dell’entrata in vigore della presente legge, con esclusione di quelle prodotte o importate anteriormente al 1920;
– le armi portatili da fuoco di cui al precedente articolo 1 appartenenti a privati di cui è consentita la detenzione.
(Articolo 11, comma 8, legge 18 aprile 1975 n.110, fonte www.gazzettaufficiale.it)

Bandite quindi le neo elette “armi” prive del contrassegno matricolare!

Compito delle Autorità in “quegli anni”, quindi, operarsi affinché la normativa entrata in vigore venisse pienamente attuata: “Hai la carabina ad aria compressa senza numero di matricola? O la mandi al Banco Prova o la versi per rottamazione.“… nulla da eccepire, l’articolo 11, comma 8, lo si era imparato a memoria!

Ed il comma 9?
Cosa recita il comma 9 dello stesso articolo?

La preoccupazione del Cittadino che riceveva in quegli anni una “simil diffida ad adempiere”, ovviamente, riguardava le spese da sostenere: “la carabina vale 100.000 lire, altre cento magari li devo spendere… rottama tutto, va!”.

Per il compimento delle operazioni previste dal presente articolo, al Banco nazionale di prova, oltre al diritto fisso, da determinarsi secondo le modalità previste dall’articolo 3 della citata legge 23 febbraio 1960, n. 186, è concesso una tantum un contributo straordinario di 270 milioni di lire a carico dello stato di previsione della spesa del Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato. All’onere di 270 milioni si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l’anno 1980, all’uopo utilizzando parte dell’accantonamento predisposto per il rinnovo della convenzione di Lomé. Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
(Articolo 11, comma 9, legge 18 aprile 1975 n.110, fonte www.gazzettaufficiale.it)

Io nel 1975 non c’ero eppure, documentandomi sulle normative, se dallo Stato Italiano venivano erogati dei “contributi” a favore del Banco Nazionale di Prova non credo che i costi di regolarizzazione dovevano essere così esorbitanti…

Rottama… ma cosa te ne devi fare?

Quella che da tecnico / appassionato definisco “la strage delle aria compressa“.




Numeri di matricola sulle canne… “e ed “o” NON sono la stessa congiunzione

Come dice il mio grande Amico (e Maestro) Vincenzo Garofalo: “quando una legge vuole entrare troppo nello specifico e contemplare ogni possibile sfaccettatura, è la volta buona che si lascia spazio alle “interpretazioni” di ciò a cui non si era pensato“.

Cercherò di non pubblicizzare marche e modelli di armi… quanti di noi si sono accorti che la canna della propria arma magari NON ha il numero di matricola?

Capita che qualcuno mi chiama: “Marco, da controllo armi si sono accorti che la canna della mia pistola non ha la matricola… mi hanno detto che forse è clandestina… cosa devo fare?”

Sulle armi comuni da sparo prodotte nello Stato devono essere impressi, in modo indelebile ed a cura del produttore, la sigla od il marchio, idonei ad identificarle nonché il numero di iscrizione del prototipo o dell’esemplare nel catalogo nazionale ed il numero progressivo di matricola, nonché l’indicazione del luogo di produzione e della sigla della Repubblica italiana o di altro Paese, nel caso di importazione dell’arma da Paese esterno all’Unione europea. Un numero progressivo deve, altresì, essere impresso sulle canne intercambiabili di armi.


Oltre ai compiti previsti dall’art. 1 della legge 23 febbraio 1960, n. 186, il Banco Nazionale di prova di Gardone Valtrompia, direttamente o a mezzo delle sue sezioni, accerta che le armi o le canne presentate rechino le indicazioni prescritte nel primo comma e imprime uno speciale contrassegno con l’emblema della Repubblica italiana e la sigla di identificazione del Banco o della sezione. L’operazione deve essere annotata con l’attribuzione di un numero progressivo in apposito registro da tenersi a cura del Banco o della sezione.
(Articolo 11, commi 1 e 2, legge 18 aprile 1975 n.110, fonte www.gazzettaufficiale.it)

Il mio Amico Vincenzo non sbaglia mai!

Con la dicitura “canne intercambiabili” il Legislatore identificava un oggetto ben preciso… nel 1975 NON poteva nemmeno immaginare che il tiratore sportivo, non soltanto il cacciatore, avrebbe anch’egli avuto l’esigenza di cambiare la canna della propria arma.

Un esempio per tutti?
Se la canna della tua 98FS NON ha il numero di matricola non ti preoccupare… sicuramente non è produzione 2018 ma resta perfettamente in regola (e alla fine una marca ed un modello li ho dovuti citare per forza).




Arma clandestina… questa sconosciuta

Sono considerate clandestine:
1) le armi comuni da sparo non catalogate ai sensi del precedente articolo 7;
2) le armi comuni e le canne sprovviste dei numeri, dei contrassegni e delle sigle di cui al precedente articolo 11.
(Articolo 23, comma 1, legge 18 aprile 1975 n.110, fonte www.gazzettaufficiale.it)

Lo vedi che Vincenzo ha sempre ragione… prendiamo ad esempio “le canne”: prima c’era scritto “o le canne” adesso, invece, “e le canne“.

NO, non voglio far confusione, l’esatto contrario… con questo articolo (23) si richiamano le canne intercambiabili citate nel precedente Articolo 11… quindi “le canne intercambiabili sprovviste dei numeri…” etc. etc.
Quindi, se qualcuno dovesse contestarti che la canna della tua 98FS NON ha il numero di matricola (produzione anni ’90 ad esempio), NON può essere definita clandestina in quanto dotazione dell’arma stessa e NON canna intercambiabile.

In quanto alla catalogazione prevista dall’articolo 7 della stessa legge, ovviamente il numero di matricola è da intendersi obbligatorio dal 1920 in poi… inutile cercarlo a tutti i costi in un’arma antica (ad esempio).

All’incisore lasciamo fare le medagliette (nulla contro la categoria)…  NON roviniamo pezzi di storia con l’ignoranza!

Armi bianche VS Numeri di matricola

Per piacere… mi dici quale “numero di matricola” vogliamo trovare in una baionetta del genere?
Che facciamo, portiamo dall’incisore anche questa?

Ad oggi le armi bianche propriamente dette, la cui destinazione è l’offesa della persona, vanno denunciate… la legge però parla chiaro, il “numero di matricola” è obbligatorio sulle armi comuni da sparo prodotte e/o importate dal 1920 in poi… e la baionetta (ad esempio) “arma da sparo” NON È!

Ovvio che particolari coltelli “moderni”, come quelli a scatto ad esempio, così come i pugnali (parlando sempre di “moderni”), recheranno i contrassegni matricolari impressi dal produttore… se dovessero mancare, di fatto, ciò NON costituirebbe alcun problema… le lame hanno la possibilità di essere contraddistinte in altri modi.

Come faccio a sapere cosa stai denunciando, quindi, cosa detieni?
Vuoi essere più preciso? Indica la lunghezza lama, lunghezza impugnatura, produttore, arma cui è destinata e/o qualsiasi altra informazione utile alla propria identificazione.

Ma “il modulo” per la denuncia NON prevede l’assenza del numero di matricola.
La legge NON prevede “il modulo” per la denuncia… IO Cittadino informo le Autorità con denuncia scritta.




Perché 1920

1700 – Prima traccia storica del Banco Nazionale di Prova presso la Repubblica di Venezia;

1910 – Istituzione del Banco Nazionale di Prova quale CONSORZIO tra Enti Pubblici;

1920 – Inizio dell’effettiva attività del “Banco” nelle sedi di Gardone Valtrompia e di Brescia;

1923 – Regio Decreto (20 dicembre 1923) impone la prova forzata delle armi “da fuoco” sulle armi prodotte all’interno del territorio nazionale;

1951 – Apertura dell’attuale sede del “Banco”;

1960 – Obbligatorietà di “prova forzata” delle armi immesse sul mercato italiano;

1975 – Tutte le armi prodotte e/o importate devono essere “bancate”;

1993 – Al Banco Nazionale di Prova viene demandato il compito del controllo anche delle munizioni immesse sul mercato civile.

Dura lex sed lex dicevano i latini.

Per chi “ha scritto” la 110/75 sarebbe stato più logico imporre come anno di produzione “limite”, quindi esente da numero di matricola, il 1923… purtroppo non è andata così.

Cosa fare quindi se manca il numero di matricola?

ARMA BIANCA
Puoi denunciare con la dicitura “senza numero di matricola” indicando le peculiarità dell’arma stessa (lunghezza lama, lunghezza impugnatura, modello, etc.).

 

ARMA AD AVANCARICA (NON Replica)
Puoi denunciare con la dicitura “senza numero di matricola“.

 

ARMA ANTICA (Antecedente il 1890)
Puoi denunciare con la dicitura “senza numero di matricola“.

 

ARMA COMUNE DA SPARO ANTECEDENTE IL 1920
Puoi denunciare con la dicitura “senza numero di matricola“.

 

ARMA COMUNE DA SPARO POSTERIORE AL 1920 (Casi di rinvenimento)
Dal mero aspetto civilistico il bene rinvenuto è tuo; denunciato il rinvenimento alle Autorità di P.S. rappresenti la tua volontà di acquisire il bene “arma” ottemperando a tutti gli obblighi previsti dalla legge (invio al BNP).

 

SE NON SI È IN GRADO DI IDENTIFICARE IL PERIODO DI PRODUZIONE…
Rivolgiti ad un Perito Esperto in Armi che possa certificare tutte le peculiarità dell’arma.

 

LA DICITURA “SENZA NUMERO DI MATRICOLA”
Esiste e, nei casi previsti, è perfettamente legale!




La parola all’Esperto… l’Avvocato Umberto Chialastri

Ho appena finito di leggere “la bozza” inviatami dall’amico Marco Milazzo; non sbaglio a considerarlo uno degli esperti di armi migliori in Italia, una persona che voglio volentieri al mio fianco in un processo penale. In questa materia i “complimenti” come questo sono necessari perché, in materia di armi, molti sono quelli che parlano ma molto pochi quelli che sanno.

Detto questo, passiamo alla questione delle matricole.

La prima disposizione che si occupa delle matricole sulle armi è il Regolamento Interno del Banco di Prova (D.M. 3 gennaio 1914, n. 72). Viene disposto che il Banco assegni un numero matricolare all’arma; non è imposto alcun obbligo di immatricolazione. Vengono immatricolate in pratica solo le armi che passano al BdP.

Con il regolamento del Banco Nazionale di Prova di cui al Regio Decreto 16 ottobre 1924, n. 2121, si stabiliva che “tutte le armi devono essere presentate alla prova provviste della marca di fabbrica e del numero di matricola”.

Le armi già prodotte e detenute da fabbricanti e commercianti, prive di matricola, dovevano essere regolarizzate entro il 10.2.1924 (L. n. 3152/1923 art. 9); il termine fu poi prorogato fino al 30.6.1925.

La norma si riferiva alle armi detenute da fabbricanti e commercianti, non privati.

Di conseguenza tutte le armi vendute prima del 30 giugno 1925 erano, legittimamente, senza matricola.

La legge 110/1975 è intervenuta pesantemente stabilendo che (art. 11) le armi dovevano tutte essere immatricolate (salvo quelle portanti i punzoni di Banco di Prova estero). Dovevano anche essere immatricolate quelle prodotte o importate dopo il 1920. La matricola doveva essere incisa anche sulle canne intercambiabili (come ben sanno i proprietari di semiautomatici a canna liscia).

Chi scrive ricorda perfettamente di aver dovuto far immatricolare il proprio Diana 25 ad aria compressa (arma di bassa potenza).

La data del 1920 è del tutto arbitraria perché non corrisponde alle date precedenti (30 giugno 1925) ma di fatto, a parere dello scrivente, è legge e quindi le armi che legittimamente furono vendute nel 1923 (ad esempio) dovranno oggi risultare immatricolate.

Come stabilire poi se un’arma sia stata prodotta nel 1921 o nel 1920? Crediamo che non sia semplice (salvo modelli particolari) ma questo è il campo dei Periti.

La Direttiva europea introdotta in Italia con il D.L.vo 204/2010, impone che le armi in futuro debbano riportare un unico numero di serie apposto su una parte essenziale dell’arma da fuoco; per essenziale si intende una parte la cui distruzione renderebbe l’arma inutilizzabile. La matricola deve poi essere apposta su una parte visibile dell’arma, ispezionabile senza attrezzi.

Secondo l’autorevole interpretazione del Dott. Edoardo Mori (Codice delle Armi, 2016, 591):

  • le norme sulla matricola indelebile valgono solo dal 1975 in poi;
  • manca una norma che imponga di apporre la matricola su parti essenziali insostituibili e quindi sono in regola le armi prodotte (prima o dopo il 1975) con la matricola sul tamburo o sulla canna, sulle armi in resina è lecito apporre la matricola sulla canna.

La circolare 14 settembre 2000 del Ministero dell’Interno ha scritto come risolvere il problema di chi, ad esempio, trovi un’arma senza matricola oppure la ottenga in restituzione dopo un furto.

La prima precisazione da fare è la matricola va incisa ma solo sulle armi prodotte dopo il 1920.

Se risulta la vecchia matricola in qualche modo, si potrà far incidere di nuovo (meglio in un altro posto) anche in proprio o da un armiere.

Se non risulta dovrà essere fatta incidere dal produttore (ma non se estero) oppure dal Banco Nazionale di Prova.

L’arma con la nuova matricola dovrà essere di nuovo denunciata (e lo stesso per quella con la vecchia che però non risulti nella denuncia precedente).

Vista poi sempre la necessità di una certa prudenza, conviene conservare l’eventuale verbale di restituzione dell’arma con la matricola abrasa o senza matricola e, ovviamente, la nuova denuncia.

Tanto però per chiarire come vanno le cose in Italia, ricordo un paio di sentenze per le quali la matricola incisa sulla canna non era di per sé elemento idoneo ad escludere la clandestinità dell’arma (Cass. 25 luglio 1995 n. 3354 e Cass. 26 maggio 2011, n. 25247).

Sono sentenze ingiuste e criticate ma sono state emesse ugualmente, con tutte le conseguenze. La seconda in particolare erra perché, ai sensi del D. L.vo 204/2010, la matricola può anche essere apposta sulla canna.

Avv. Umberto Chialastri
www.leggearmi.it

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